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Creato domenica 20 maggio 2001 18.24



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Un isola di nome "Barr Musa kebir"

Il 17 Giugno alle 6.30 avvistano la costa in corrispondenza di Ras Asis, e qui avviene una delle cose più odiate da qualsiasi marinaio, si alza il vento e il mare in senso contrario alla rotta, costringendo il piccolo equipaggio ad uno sforzo sovraumano, cosi decidono di accostare verso terra e verso le 10 Sandroni crede di vedere del fumo sulla costa e alcune abitazioni indigene, ma dopo essere scesi a terra  non  trovano nulla meno che mai l'acqua che oramai anche dopo duri razionamenti era quasi finita.


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Non c'è bisogno di tanta fantasia per immaginare che cosa può voler dire rimanere senz'acqua in posti dove 50 gradi all'ombra è la norma, così riprendono la navigazione un po' di brezza li aiuta, ma lentamente, un remo per timone e uno per vogare, lo scorrere della costa, il doppiaggio di innumerevoli isolotti è esasperante, l'acque basse di alcune lagune alle volte da modo di scendere e spingere a mano il battello il che era anche un momento di sollievo per la gambe e

i vari malesseri che cominciavano a farsi sentire, per la disidratazione. Oramai l'acqua era razionata a 2 dita al giorno.
Solo la notte, il caldo insopportabile dava tregua e ne approfittavano per vogare, ma l'acqua diventava sempre più bassa fino a che il
18 Giugno alle 3 del mattino il battello si arena e costringe Sandroni e Costagliola a cercare più fondale per oltre un ora, intanto Il nostromo versa in gravi condizioni e in preda ad un profondo stato confusionale, bisogna fare presto, se Torchia stava così allora voleva dire che anche gli altri a Musa Kebir erano nelle stesse condizioni. Niente fondale niente navigazione veloce, l'unica soluzione era tornare indietro e prendere un altra rotta, e manco a farlo apposta ecco il mare grosso e il vento contrario.
A questo punto del racconto Paolo sembra veramente rivivere quel momento a cui reagì con una rabbia mista a imprecazioni, fui testimone per un attimo di quella forza della disperazione che insieme a Sandroni li portò a vogare come disperati senza sosta per ore e ore. Nella cucina di casa sua e forse in tutto il condominio si sentiva solo la sua voce, nemmeno i familiari fecero il benché minino sforzo di calmarlo, ben cosciente che sarebbe stato inutile, e io meno che mai, l'avevo davanti faccia a faccia se ci avessi litigato in quel momento penso che mi avrebbe spezzato in due, pur essendo un uomo sugli ottanta.
"Sembravamo impazziti, un po' ai remi e un po' a spingere, sempre controvento, ma al giungere del mattino....e si calmò.
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